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Stalin: settanta anni dal suo decesso

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Il decesso di Stalin ha significato la fine del percorso di costruzione del socialismo in Unione Sovietica, la fine del percorso marxista-leninista, da una parte, e l’inizio del processo controrivoluzionario kruscioviano, l’inizio del percorso di ritorno al capitalismo, l’inizio del ritorno al populismo. Con il decesso di Stalin viene a cadere il muro di difesa a protezione del marxismo-leninismo; muro che sino al 1953 aveva sbarrato la strada ai nemici della classe operaia e agli agenti della borghesia nel movimento operaio. Inoltre, Stalin è colui che ha liberato il mondo dal nazi-fascismo, alleato dell’oligarchia finanziaria e dei paesi imperialisti, portando a termine con un alto costo di vite la Grande Guerra Patriottica.

La verità storica indica in Stalin l’erede di Lenin nella costruzione del socialismo in Unione Sovietica. Egli è stato il pilastro fondamentale della difesa del marxismo-leninismo, dell’abolizione completa delle classi, contro le oligarchie finanziarie, le borghesie imperialistiche e contro le quinte colonne al servizio di queste borghesie dentro il partito. Stalin, il più odiato in assoluto contro cui tanta spazzatura revisionista, interna ed estera, è stata prodotta. Dal ’24 al ’53, Stalin e l’Unione Sovietica sono stati i bersagli, gli unici bersagli della borghesia e degli elementi borghesi nel partito comunista in URSS. Stalin è stato il più odiato dalle borghesie imperialistiche, dai nemici della classe operaia e del marxismo-leninismo nel paese quali Trotskij e i suoi seguaci, Kamenev, Bucharin, Zinoviev, e tanti altri, proprio per la sua assoluta difesa del partito di Lenin e della costruzione del socialismo in Unione Sovietica.

Con il decesso di Stalin, il revisionismo di Krusciov prende il potere in Unione Sovietica. Con Krusciov vincono le oligarchie finanziarie imperialistiche, i trotskisti e tutti i traditori del marxismo e del leninismo. Con Krusciov inizia il lungo tragitto di restaurazione del capitalismo; con Krusciov viene avviata una linea revisionista del marxismo-leninismo su questioni fondamentali quali la lotta di classe e la dittatura del proletariato. Al XXII Congresso del PCUS, Krusciov avanza la tesi della vittoria definitiva del socialismo in URSS, una tesi consolatoria e di smobilitazione per la classe operaia e i lavoratori in generale. Krusciov affermava che la lotta di classe era limitata al periodo di transizione verso il socialismo; e invece della distruzione delle classi sociali, obiettivo primario del socialismo, si poneva il compito della costruzione di una società senza suddivisione in classi sociali e, quindi, di uno Stato “di tutto il popolo”. Completamente dentro questo percorso anti-marxista e anti-leninista, Krusciov traghetta il paese “dallo Stato della dittatura del proletariato, allo Stato di tutto il popolo.”

Al Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica del 1961, Krusciov sdogana formalmente il revisionismo del marxismo-leninismo, affermando che “la classe operaia dell’Unione Sovietica, per propria iniziativa, partendo dai compiti della costruzione del comunismo, ha trasformato lo Stato della sua dittatura nello Stato di tutto il popolo…Per la prima volta nel nostro paese si è formato lo Stato che non è la dittatura di una sola classe…la dittatura del proletariato non è più necessaria”.

E, inoltre, continuando all’interno di un profondo sentimento anti-marxista e anti-leninista sempre Krusciov dichiara che “la dittatura del proletariato ha compiuto la sua missione storica, e dal punto di vista dei compiti dello sviluppo interno, non è più necessaria in URSS. Lo Stato che era emerso come Stato della dittatura del proletariato, nella fase attuale è diventato lo Stato di tutto il popolo…ed è compreso dal partito che la dittatura della classe operaia cessa di essere indispensabile prima che lo Stato si estingua”.

La distruzione dell’Unione Sovietica marxista-leninista inizia da qui. La vittoria della controrivoluzione inizia da qui, inizia con il decesso di Stalin e la presa del potere da parte di Krusciov e della sua cricca di opportunisti, revisionisti, anti-marxisti e anti-leninisti.

L'opera di Stalin, quindi, rimane di assoluta attualità per le classi operaie oppresse del mondo; classi operaie impegnate nella lotta per la loro emancipazione materiale, reale, dalla dominazione imperialista.

Scrive Martens che

Stalin, cosi come Lenin, è il simbolo della fermezza nelle lotte di classe più accanite e spietate. Stalin dimostrò che, nelle situazioni più difficili, soltanto un atteggiamento fermo e inflessibile verso il nemico di classe permette di risolvere i problemi fondamentali delle masse lavoratrici. L'atteggiamento conciliante, opportunista, disfattista e capitolazionista conduce inevitabilmente alla catastrofe e alla rivincita sanguinaria delle forze reazionarie”.

Stalin è e rimane il punto di riferimento in quanto a fermezza e abnegazione per la difesa del marxismo-leninismo e la costruzione del socialismo.

Stalin è stato colui che ha anche distrutto il nazismo e i suoi collaboratori. Non gli “alleati” come la propaganda borghese vuole far credere, ma l’Unione Sovietica. Scrive Martens che

Stalin preparò la difesa dell’Unione Sovietica costruendo più di 9-mila industrie tra il 1928 e il 1941, e prendendo la decisione strategica di impiantare all’Est del paese una potente base industriale nuova”.

E, inoltre,

la destra anglo-americana incitava i fascisti contro l’URSS…nel maggio del 1941, Rudolph Hess, il numero due del partito nazista, era sbarcato in Inghilterra”.

In definitiva, l’Unione Sovietica era sola contro il nazi-fascismo ufficiale, di stampo hitleriano, e quello ufficioso, di stampo borghese, imperialistico. Riporta Martens che

Hess affermò che lo scopo del suo viaggio era stato quello di offrire la pace agli inglesi a qualsiasi condizione, a patto che la Gran Bretagna accettasse di partecipare all’attacco contro la Russia a fianco della Germania…In Inghilterra, la tendenza ad accordarsi con Hitler contro l’URSS aveva radici profonde”.

Naturalmente!

Dopotutto, la differenza sostanziale tra le “due guerre” è verità storica: da una parte il conflitto tra il nazifascismo e gli anglo-americani e i francesi; dall’altra tra il nazifascismo e i sovietici. Due guerre assolutamente diverse poiché la prima era un conflitto tra borghesie di diversa natura (ricordiamo che “il fascismo al potere è la dittatura terroristica aperta degli elementi più reazionari, più sciovinisti e più imperialisti del capitale finanziario” G. Dimitrov); la seconda tra l’imperialismo e lo Stato della classe operaia.

Riporta Martens, difatti, che

“nella lotta contro l’invasione dei soldati di Hitler, la classe dirigente francese non voleva e non poteva mobilitare e armare le masse lavoratrici per una lotta all’ultimo sangue contro il nazismo…quasi in blocco, la grande borghesia francese si mise agli ordini di Hitler, cercando di trarre vantaggio dalla Nuova Europa Tedesca”.

Mentre, quindi, migliaia di nazisti fuggivano nei paesi imperialisti, soprattutto negli Stati Uniti, l’Unione Sovietica pagava un prezzo altissimo in termini di vite “bolsceviche” per la difesa non solo del paese ma di tutta Europa. E in ciò molto probabilmente vi è il motivo principale dell’emersione della figura di Krusciov alla morte di Stalin; Krusciov che sino allo scoppio del conflitto armato, e anche durante, rimane una figura assolutamente marginale, per mancanza di capacità teoriche, politiche e organizzative, nell’organigramma del partito comunista dell’Unione Sovietica.

Rendiamo omaggio a Stalin.

Convergenza Socialista

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